Trasporto bici a destinazione

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Un’imbarcazione può portare da un minimo di 4 bici fino a un massimo di 7 bici, il costo è di 7,50€ a bici. Se le bici sono maggiori di 4 il costo del trasporto è di 5€ a bici.

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Treviso è a nord-ovest di Casier risalendo il fiume Sile controcorrente all’interno del Parco Naturale Regionale protetto. Treviso la si può raggiungere in parte via acqua con le nostre barche elettriche e in parte via terra in passeggiata o in bicicletta percorrendo la ciclovia “Girasile” per una lunghezza di circa 9 km. Lungo il percorso si potranno vedere: la Centrale Idroelettrica, la fossa del Mulino, il Mulino Mandelli, l’ex Mangimificio Purina, Villa Piovesan, il Prato della Fiera, il CRAL ospedalieri (ossia la bassa cavana che è il ricovero delle imbarcazioni utilizzate dal circolo e dalla scuola canottaggio ospedalieri), il Ponte della Gobba e infine le Mura cinquecentesche che racchiudono questa bella città d’arte.
È una piccola frazione di TV che si trova nell’Isola Villapendola, uno degli angoli più suggestivi del Parco dove la natura rigogliosa è popolata da molti uccelli. Il percorso lo si fa a piedi o in bici per il tratto che affianca il “Sil Morto”, ossia il corso d’acqua che segue l’antico tracciato del Sile (prima che questo fosse deviato più a nord per esigenze produttive). Lungo la strada Jesolana, invece, si potranno mirare ville del XIX secolo: Villa Tognana, Villa Gregorj, Villa Cappeller, Villa Della Rovere, Villa Carrer.
Originariamente è appartenuta ai nobili Brolo-Lanza residenti a Venezia sul Canal Grande e con terreni a Casier. Si susseguirono poi i signori Franceschi-Rombo, e nel 1913 fu di proprietà della contessa Morosini che ne fece un ritrovo mondano e di grandi feste. Dal 1944 al ’48, Villa Carlotta ospitò l’ospedale civile della Città sfollato a Casier. Attualmente è di proprietà della famiglia Palla di Treviso.
Si tratta di un sito archeologico a cielo aperto che si estende su 15.000 mq. Lo si può visitare dall’acqua con le barche elettriche e poi da terra percorrendo a piedi le passerelle aeree che lo sovrastano. I Burci erano le tipiche imbarcazioni da trasporto fluviale a fondo piatto utilizzate per il trasporto di merci da Treviso alla laguna veneta e viceversa; furono utilizzate dal Medioevo fino all’epoca contemporanea e venivano trainati da buoi che “correvano” lungo l’Alzaia o Restera (oggi è pista ciclabile ed è un tratto della famosa Green Way che collega Monaco di Baviera a Venezia). I Burci furono abbandonati nel 1974 su un’ansa del Sile in seguito alla fine della navigazione fluviale. Qui giacciono ormai consunti dal tempo e dalle intemperie, visitati da cigni bianchi, gabbiani, tartarughe acquatiche, germani reali in coppia, tuffetti, folaghe che in primavera se ne appropriano per farne la loro casa e nidificare…
È la storia di un’attività imprenditoriale lunga 80 anni nata tra due guerre, ha vissuto la ricostruzione, il miracolo economico italiano e il difficile periodo degli anni ’70. Non è solo una storia di provincia, ma appartiene a tutti i grandi fatti economici e sociali italiani e internazionali. Erano gli anni ‘30: l’edificio, ex mulino Toso della Stucky S.A., venne acquistato da un’antica azienda di molitura composta da tre famiglie: Chiari, Forti e Medioli. All’attivo l’azienda aveva già due mulini: a Parma e a Carrara, e successivamente un terzo a Porto Marghera. Da qui partiva il commercio via acqua: nel porto arrivavano le materie prime dal Canada e dalla Bulgaria, le quali venivano caricate sui vecchi barconi e condotte nell’opificio di Silea dove li avveniva la spremitura. L’apice del successo venne raggiunto nel 1957 con la nascita dell’olio Topazio e, nel ‘59 dell’olio Cuore, il primo olio di mais dietetico che, ancora oggi, è il leader della categoria. Ma è il 1974 l’anno più buio: prima con il rallentamento della produzione e poi con la fermata completa dell’impianto di estrazione dei semi così da porre fine all’utilizzo della via acquea. Ad oggi il complesso rimane inutilizzato: un progetto di recupero urbanistico e ambientale in collaborazione col Comune di Silea non è andato a buon fine; ciò che rimane sembra un edificio abbandonato, ma in realtà è un esempio di archeologia industriale tipica dell’industria italiana. Nel 2015 prende fuoco e cede la parte del solaio più antica del complesso. È la fine di una storia.
La villa, eretta dalla famiglia Barbaro nella seconda metà del’500, è collegata all’imbarcadero da una scalinata ornata di piante e vasi. La facciata a schema classico affrescata da Benedetto Caliari, pittore della scuola di Veronese, presenta una bella trifora che segna la sala centrale sopra la quale era affrescato lo stemma dei Valier (ad oggi risulta quasi invisibile a causa dei danni provocati dall’inquinamento). Alla villa appartiene l’oratorio dell’Assunzione di Maria costruito successivamente nel 1762. Ricerche storiche attestano anche la permanenza per alcuni giorni di Ernest Hemingway quando rimase ferito in guerra l’8 luglio 1918. Oggi la villa non è visitabile perché è di proprietà della famiglia Battaggia.
I reperti individuati nel letto del Sile testimoniano come a Casier fiorisse la civiltà sin dal I millennio a.C. Il fiume rappresentava già allora un’importante via commerciale lungo la quale si muovevano merci tra l’entroterra e la laguna di Venezia. Nell’Alto Medioevo, nel 710 circa, sorse nel capoluogo di Casier il Monastero Benedettino dei SS. Pietro, Paolo e Teonisto, alle dipendenze dell’Abbazia San Zeno di Verona. Verso il Mille, i Signori “Da Casier” (nei documenti De Caserio) vi fecero costruire una dimora-castello per il controllo dei traffici lungo il Sile. Tra il Sei e il Settecento, sotto la Serenissima, patrizi Veneziani costruirono le loro VILLE VENETE quasi tutte con approdo acqueo, unendo l’utile del lavoro col dilettevole. Ricchi veneziani, imbarcati su burchielli o sfarzose carrozze, abbandonavano gli angusti canali e le calli per raggiungere la terraferma, più vivibile specialmente d’estate; qui c’erano luoghi ideali per cavalcate, gite in carrozza, passeggiate, caccia, divertimenti e comunque commercio. Ad oggi tante di queste ville risultano visitabili solo dall’esterno perché abitate. In piazza, l’attuale chiesa del ‘700, sorge accanto al monastero e si affaccia in una delle anse più maestose e panoramiche del corso del fiume. Fermatevi ad ammirare lo stupendo esempio di orologio (idrocronometro) che scandisce il tempo utilizzando proprio l’acqua. Qui ci troviamo all’interno del Parco Regionale Naturale del Sile, qui tutto è protetto, tutto è naturale, la flora è selvaggia e la fauna è vivace…si può vivere l’esperienza green dall’acqua navigando su barche elettriche, ma anche via terra percorrendo l’alzaia a piedi o in bicicletta.
La Villa fu costruita alla fine del’ 600 dalla famiglia Barbaro e fu chiamata “Ca’ Vecchia”. Sorge in una zona notevole dal punto di vista paesaggistico perché si specchia sulle acque del fiume Sile in una suggestiva ansa. È composta da un corpo centrale compatto dove sul timpano è stato posto lo stemma della famiglia e da una barchessa, costruita successivamente, che è caratterizzata da una lunga serie di arcate. A far parte della villa anche l’oratorio di San Girolamo Miani dove, un tempo, i contadini molto devoti partecipavano alle messe che terminavano poi con la benedizione dei raccolti per ottenere la grazia della pioggia.
Siamo a Cendon, una piccola frazione di Silea. È un piccolo borgo affacciato sul Sile e collegato alla restera grazie al PASSO A BARCA: un servizio di attraversamento da sponda a sponda per pedoni e cicli attivo nel fine settimana durante la bella stagione. Il borgo è proprio piccolo, si può notare la chiesa parrocchiale che ha origini seicentesche ma che venne più volte restaurata, mentre le campane del campanile provengono dalla chiesa della Pietà di Venezia. L’origine del nome Cendon è molto dibattuta; scritto anticamente “Zendono” è collegato a “dono a Zeno” in riferimento a una donazione all’abbazia di San Zeno di Verona; oppure “Sendon” con riferimenti alle due parole della lingua gallica: “seno” (vecchio) e “dunon” (recinto) e cioè un “Villaggio recintato” (la presenza dei Galli risale al IV secolo a.C.). Se l’ipotesi celtica è confermata, allora o Cendon rappresentava effettivamente un piccolo insediamento di Galli, oppure la lingua di questi ultimi sarebbe stata acquisita dai Veneti in seguito ai numerosi contatti.
Da Cendon proseguite per una breve passeggiata e troverete Villa Fanio-Cervellini (in barca la troverete alla vostra sx seguendo il corso del Sile). È una villa settecentesca che conserva il muro di cinta il quale una volta racchiudeva il brolo, quell’area del giardino coltivata a frutteto. Da notare l’eleganza della facciata caratterizzata dall’alto abbaino barocco con frontone dove si aprono tre finestre e mascheroni in chiave d’arco. Al primo piano le finestre, inizialmente ad arco, vennero trasformate nella prima metà dell’800 dalla famiglia Cervellini, in rettangolari togliendo anche l’originaria balaustra in pietra e sostituendola con tre eleganti poggiolini di gusto neoclassico.
Proseguendo in barca o ripassando alla sponda dx arriviamo in località Lughignano. In prossimità della chiesa si nota subito Villa Barbaro Gabbianelli: la più antica tra le ville del Sile. La costruzione risale alla fine del ‘400 e la tradizione dice che l’avrebbe voluta Caterina Cornaro, infelice regina di Cipro, per farne dono di nozze a Fiammetta la sua ancella. È un tipico esempio di villa veneziana; uno stile di transizione tra architettura gotica e rinascimentale: la facciata principale è quella rivolta al fiume, pianta quadrata tripartita con saloni centrali, al pianoterra un porticato con cinque archi a tutto sesto e una quadrifora al primo piano. Pareti e travature sono impreziosite da pitture all’interno e all’esterno.
È di origine seicentesca, si affaccia sul Sile con un interessante facciata dove spicca, in corrispondenza della sala centrale del piano terra, una finestra a serliana. La chiesetta dedicata a Sant’Antonio è una costruzione recente dell’antico oratorio.
È una frazione del comune di Silea. In questo punto il percorso del fiume crea un’ansa molto profonda, sembra voler dare privacy al porticciolo che è seminascosto da una rigogliosa vegetazione. In realtà Sant’Elena si affaccia al vecchio corso del Sile: qui, all’inizio del ‘900, il fiume è stato “tagliato” per essere accorciato così da rendere agevole la navigazione commerciale che all’epoca era molto intensa, creando perciò un isolotto verde. Il nome deriva dalla chiesa dedicata a Sant’Elena Imperatrice e le prime notizie la datano 1089. Fu ricostruita poi nel 1478, ma ad oggi dell’originale rimane solamente la facciata costruita con grossi blocchi di pietra. Il campanile venne costruito nel 1547, mentre la sua cuspide fu innalzata nel 1891. Recentemente restaurata, si presenta all’interno in tipico stile settecentesco veneziano.
Nella metà del ‘600 venne costruita l’elegante Ca’ Riva a Sant’Elena, villa con giardino in riva al Sile voluta dall’omonima famiglia Da Riva di Venezia. L’impostazione è alquanto scenografica perché si presenta con la facciata rivolta verso il fiume e, tutto attorno, un verde giardino che ospita anche un antico pozzo. L’elegante facciata è caratterizzata da finestre ad arco sia al piano terreno che al primo piano. Staccate sorgono: la chiesetta dedicata alla Beata Vergine e a San Marco e la barchessa, ben visibile dal Sile, con la facciata ornata da semicolonne a bugnato che reggono una trabeazione con fregi in stucco. Qui ha trovato dimora il famoso cantante dei Pooh, RED CANZIAN. Si susseguirono varie proprietà, e attualmente a Villa Riva abita la famiglia Zorzi.
La villa si trova in località Rivalta a Casale ed è visibile sia dall’acqua che dalla restera. È un edificio dall’aspetto neoclassico ottocentesco con tre facciate frontonate originali che si rivolgono verso l’acqua ma anche verso i campi. Infatti, le vaste adiacenze agricole ne dimostrano la prevalente funzionalità agricola. Conserva ancora l’antico oratorio di S. Croce e la chiesetta dove, fino a qualche anno fa, in onore della Madonna si celebrava la Santa messa del mese di maggio.
l Centro Cicogne della L.I.P.U. è un progetto che nasce nel settembre 1992 con lo scopo di reintrodurre in natura la specie della Cicogna Bianca prevedendone la nidificazione in libertà. Il Centro si trova in prossimità di aree umide e campi coltivati che mantengono ancora caratteristiche semi-naturali; la natura incontaminata di questo posto concede molti avvistamenti: durante l’anno sono circa 145 le specie osservabili: aironi, anatre e il Martin Pescatore, mentre con le migrazioni si potrebbero vedere anche la Cicogna nera e il Falco pecchiaiolo. Tel/fax 0422 919926 http://www.facebook.com/LeCicogneDelSile
L’antico fabbricato è datato ‘500 ed era il Monastero Cistercense delle Celestie. Sorge lungo le rive del Sile ed è caratterizzato da una serie di arcate a tutto sesto con finestre ad arco al primo piano e, sporgente a nord, c’è un camino alla “vallesana”. Con l’800, a seguito della caduta della Repubblica di Venezia, lungo il Sile vennero costruite solo due ville la cui necessità dei nuovi proprietari dei fondi ecclesiastici acquistati all’asta governativa dopo la caduta napoleonica era di costruirsi una residenza da cui controllare e gestire le proprie aziende. Una di queste è della famiglia Barbini che nel 1830 acquistò l’antica proprietà inserendovi ad est la propria villa dalle caratteristiche neoclassiche con un frontone nel cui timpano è affrescato lo stemma familiare. La facciata presenta al pian terreno una coppia di trifore ad arco che vengono riprese anche al primo piano con l’aggiunta di un pergolo centrale in ferro battuto, mentre le due ali sono arretrate e più tradizionali. Davanti alla villa si estende un giardino che un tempo era ornato da molte statue poste sui pilastri del muro di cinta.
Mancano notizie sui primi insediamenti nella zona la quale, in epoca romana, costituì un luogo di sosta per la navigazione sul Sile, via di collegamento naturale tra Treviso e il porto di Altino, ormai scomparso. L’origine del nome deriva dal latino “Casalis”, casolare, piccolo insediamento rurale con una posizione fluviale strategica, probabilmente borgo abitato da pescatori e Barcari, un porto, perché proprio qui si fermavano i barconi trainati da buoi o cavalli. Nel corso del Medioevo, fu al centro di contese ed eventi bellici: significativo fu lo scontro tra i Da Carrara (Signori di Padova) che vinsero su Treviso, conquistandosi la zona e assediando il castello. Verso il 1380 eressero l’imponente torre cilindrica nota come Torre dei Carraresi e che ancora mostra i loro colori araldici. Dal ‘500 la torre fu trasformata in suggestiva residenza ed è tutt’oggi abitata. Salendo in terraferma si può notare la Chiesa parrocchiale che fu eretta nel 1726; un tempo aveva la facciata rivolta verso il fiume ricostruita al posto dell’abside. Al suo interno, sul soffitto, la chiesa ospita una pala del 1781 del veneziano Giandomenico Tiepolo (S. Maria Assunta Angeli e Santi).
Si trova sull’argine destro del fiume ma la facciata principale è rivolta verso la strada, alla quale si arriva percorrendo un lungo viale inserito in un enorme giardino. La villa costruita su tre piani risale al XVII secolo, ma fu ricostruita su fondamenta cinquecentesche, cui verranno in seguito aggiunte le barchesse, tipiche delle ville venete. Durante la Prima Guerra Mondiale fu adibita ad ospedale come si può vedere ancora oggi dalla scritta al di sopra del secondo piano. Qui Ernest Hemingway scrisse parte del suo “Di là del fiume e tra gli alberi”.
L’isolotto, che ha una superficie di quasi un ettaro, è di circa cent’anni fa quando venne modificato il corso del Sile per agevolare la risalita dei burci in legno. L’ansa del “Sil Morto” è prospiciente alla chiesa parrocchiale di Sant’Elena Imperatrice. All’interno del corso c’è un’atmosfera paradisiaca: una folta vegetazione e un naturale silenzio permettono a numerose specie di animali tipici di riprodursi o trovare rifugio.
L’oasi si trova nell’ansa di San Michele Vecchio, una zona protetta con bosco tipico planiziale e fauna e occupa una superficie di circa due ettari. Addentratevi in terraferma per godere quest’area ricreativa turistico-ambientale caratterizzata da una vegetazione palustre con varie specie di carici e canne, e da una boscaglia di ontani e salici bianchi e cinerini. Troverete alcune postazioni per il Birdwatching, e se siete fortunati potete avvistare il picchio rosso, il rigogolo, il martin pescatore, la cannaiola e il pendolino.
Il borgo di Musestre trae la sua denominazione dall’omonimo corso di risorgiva che qui nasce e che poi sfocia nel Sile. Assieme ad Altino (che pur essendo in provincia di VE dista solo 4 miglia romane e si trova sull’argine opposto), è il più antico insediamento della zona servito un tempo dall’antica via Claudia Augusta e, in periodo romano, era al centro di vivaci scambi commerciali. Tra le due località, sino ai primi del ‘900 i collegamenti avvenivano via traghetto (il cosiddetto “passo”) e oggi invece, sono unite dal ponte. Per secoli il paese poté prosperare grazie al passaggio dei fiumi Sile e Musestre, le cui acque erano sfruttate sia come via di comunicazione, sia come forza motrice per l’attività molitoria (datata all’anno 997). I longobardi edificarono una torre medioevale tutt’ora esistente, detta di “Everardo” che poi divenne con la Serenissima una dogana veneziana. La chiesa, intitolata a Sant’Ulderico, ha storia antichissima, ma venne ricostruita nel ‘700 utilizzando in parte la muratura del precedente edificio eretto sul terrapieno dell’antica strada romana.
È un comune veneziano patrimonio archeologico-culturale- naturalistico SITO UNESCO – “Venezia e la sua laguna” che è stato istituito nel 1987.

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